Servizio Civile in Bolivia con il Celim Bergamo
Siamo giunte anche alla fine di questa esperienza di vita, totalmente diversa da quelle che avevo vissuto precedentemente e della quale mi ricorderò per sempre.
Il Servizio Civile è stata duro sotto vari
aspetti. Interfacciarsi con il problema dell’alcoolismo che è preponderante nel
Paese mi ha fatto un po’ decadere l’immagine più romantica che avevo della Bolivia,
soprattutto quando poi sfocia in violenza nei confronti dei bambini. Pur
sapendo che questo Paese è molto altro, sfortunatamente non ho potuto viverlo.
L’ultimo periodo, con i vari blocchi nelle strade, le manifestazioni e gli
scontri con la polizia ha reso tutto ancora più complicato. Era difficile
raggiungere il centro e non era consigliabile uscire, specialmente la sera. Non
c’erano mezzi di trasporto pubblici e anche spostarsi in città alle volte era rischioso
perché ci si poteva trovare in mezzo a manifestazioni senza sapere come
avrebbero potuto evolversi, visti gli animi accesi dei sostenitori e degli
avversari di Morales.
E’ stata una di quelle esperienze dove non è tutto rose e fiori, anzi spesso ti arriva un pugno nello stomaco e ti riempie gli occhi di lacrime, ma è un’esperienza che credo che ognuno di noi dovrebbe fare almeno una volta nella vita. Aiuta a ridimensionare i problemi che alle volte ci possono sembrare insormontabili, a rendere grazie per tutto quello che abbiamo, ad avere una famiglia che ci ama. Tutte cose che ci sembrano banali, ma che non sono assolutamente scontate, soprattutto se vivi in altre parti del mondo. La Bolivia mi ha insegnato ancora una volta l’importanza e la bellezza dell’immergersi in una nuova cultura, a modificare il mio punto di vista su molte cose e rivedere cosa è “giusto” e cosa “sbagliato”.
In questi mesi, inoltre, è stato fondamentale il
supporto della mia compagna di avventura Marila che mi ha aiutata, ascoltata e
capita. Ci siamo supportate nei momenti più difficili creando una bellissima
amicizia.
Ultimo, ma non per importanza un ringraziamento speciale va a Padre Gianluca,
ovvero al nostro “papi”, nomignolo col quale ci piaceva chiamarlo
proprio per il rapporto di stima e fiducia che si era creato reciprocamente. Ci
ha sempre valorizzate e sostenute, creando con noi un’atmosfera famigliare
basata sulla condivisione e l’affetto. È stato un vero e proprio punto di
riferimento, nei momenti di felicità, ma anche e soprattutto in quelli di
sconforto e tristezza. Mi ha fatto ricredere molto nelle istituzioni religiose,
per le quali avevo perso completamente la fiducia. È un missionario come pochi
se ne vedono, sempre disposto ad aiutare gli altri mettendo la sua vita
completamente a disposizione di questi bambini, per cercare di donare loro un
futuro migliore e un presente più sereno.
Porterò per sempre nel mio cuore tutto l’amore ricevuto dagli abbracci e dai sorrisi dei bambini della Ciudad del Nino che mi hanno riempito l’anima di emozioni uniche. Spero che gli insegnamenti ricevuti quest’anno mi aiuteranno sempre nel corso della mia vita, nell’aiutarmi a vedere le cose anche da un altro punto di vista e ad affrontare la vita in maniera sempre positiva, perché ho avuto la fortuna di nascere in una parte del mondo dove i problemi sono relativi e si risolvono sempre. E soprattutto ho la fortuna di avere una madre e una famiglia che mi ama tantissimo, e che mi supporterà per sempre, ed è già moltissimo.